Tancredi Achille Giuseppe Olimpio Galimberti: ben quattro nomi di cui Duccio, diminutivo di Tancreduccio, è quello più conosciuto e scritto nelle pagine indelebili della lotta contro il nazifascismo da e oltre Cuneo: Medaglia d’Oro al Valor Militare, Medaglia d’oro della Resistenza, Legione d’Onore (la più alta onorificenza concessa dal governo francese) ed Eroe nazionale.
Ma chi era Duccio Galimberti? L’avvocato, l’intellettuale, l’antinazifascista, il partigiano, la persona. Dove svolse la propria attività di uomo libero prima e di sorvegliato speciale poi? E quale fu ed è ancora oggi l’eredità di Duccio, lasciata ai suoi contemporanei e alle generazioni future?
Ho provato a cercare le risposte a queste domande. Nel frattempo, risuonano più forti che mai nella mia mente le frasi del celebre discorso di Duccio Galimberti, pronunciate il 26 luglio 1943 dal balcone della sua casa e studio, che si affacciava sull’allora Piazza Vittorio Veneto, rinominata poi Piazza Galimberti:
Parole nette, consapevoli, di non ritorno, che segnarono per sempre la vita di Duccio, rendendo pubblica la sua presa di posizione contro i regimi di Hitler e di Mussolini, ispirando Cuneesi e non solo.
Ma andiamo per ordine: ho ripercorso la storia extraordinaria di Duccio dalla sua nascita fino alla sua tragica morte. Il tutto a partire da un luogo a lui caro: l’ottocentesco Palazzo Osasco, abitazione e sede dello studio legale di famiglia e ora Museo Casa Galimberti.
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- 1 Museo Casa Galimberti: un viaggio nella vita professionale e privata di una famiglia
- 2 La famiglia Galimberti da Carmagnola a Cuneo, passando per Roma
- 3 Duccio Galimberti: da uomo di legge a “fuorilegge”
- 4 Duccio e l’esperienza a Paraloup sulle note dell’inno di Mameli
- 5 Duccio Galimberti: partigiano dai monti alla pianura
- 6 La cattura e la morte di Duccio Galimberti
- 7 L’eredità della famiglia Galimberti
- 8 Bibliografia
Museo Casa Galimberti: un viaggio nella vita professionale e privata di una famiglia
Al civico 6 di Piazza Galimberti,Il Museo Casa Galimberti è composto da una serie di ambienti in cui la vita professionale di Duccio e di suo padre Tancredi lascia spazio a quella privata della loro famiglia. Il tutto documentato dai complementi d’arredo originali, foto e opere d’arte.
Gli ambienti visitabili sono:
- Anticamera o sala d’aspetto dei clienti (primo ingresso per il pubblico dello studio)
- Studio di Tancredi e di Duccio, dal cui balcone quest’ultimo pronunciò il celebre discorso
- Salotto
- Secondo ingresso (per la famiglia Galimberti)
- Sala da pranzo
- Stanza di Alice, madre di Duccio, cioè lo studio privato da cui si può ammirare la biblioteca
Oltre ad essere stata l’abitazione e lo studio legale dei Galimberti, il Museo Casa ha due altre funzioni, quelle di biblioteca e di archivio, che rendono il luogo unico nel suo genere. Al suo interno sono infatti conservati oltre 20.000 volumi di proprietà della famiglia Galimberti e costituiscono un Fondo Librario della Biblioteca Civica di Cuneo. Possono essere consultati, previa richiesta alla direzione, ma non presi in prestito.
Per quanto riguarda l’archivio, invece, comprende i carteggi di tutti i membri della famiglia Galimberti, a partire da quelli di Tancredi tenuti da Alice al fine di avere traccia della corrispondenza del marito per eventuali spunti utili per i suoi discorsi politici. Al loro interno emergono anche le trattative e le relative transazioni delle opere d’arte, che impreziosiscono le pareti del Museo Casa Galimberti.
La famiglia Galimberti da Carmagnola a Cuneo, passando per Roma
Il legame tra i Galimberti e Cuneo risale alla seconda metà dell’Ottocento. In quel periodo il nonno di Duccio, Bartolomeo Galimberti, partecipò a una cordata di imprenditori per rilevare uno scavo. Si trattava della mancata costruzione delle scuole pubbliche proprio di fronte all’allora Piazza Vittorio Veneto. Così Bartolomeo si trasferì da Carmagnola a Cuneo per impiantare la propria tipografia.
Questa attività si trovava al posto dell’attuale Bar Galì, quindi accanto all’ingresso del Museo Casa Galimberti, e qui si stampava la Sentinella delle Alpi. Questo diventò ben presto uno dei più importanti giornali del Cuneese. Anche le generazioni successive dei Galimberti (Duccio, suo fratello e i suoi genitori) vi contribuirono come un’impresa familiare.
Tancredi Galimberti: il padre di Duccio
A Cuneo Bartolomeo conobbe la moglie Giuseppina Luciano e insieme ebbero quattordici figli, tra cui Tancredi, padre di Duccio. Tancredi studiò legge e diventò un affermato avvocato, oltre a intraprendere la carriera politica. Infatti, conobbe l’allora Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti e lo difese dallo scandalo della Banca Romana tra il 1892 e il 1894. Giolitti vide in lui il delfino, cioè il suo successore, e nei primi anni del Novecento Tancredi fu nominato Ministro delle Poste e dei Telegrafi.
Alice Schanzer: la madre di Duccio
In casa Giolitti, oltre alle personalità più influenti dell’epoca, Tancredi trovò anche l’amore in Alice Schanzer. La ragazza era una giovane maestra di origine viennese, conoscitrice di quattro lingue (italiano, inglese, francese e tedesco), amante della storia, dell’arte e della letteratura. Dopo un breve fidanzamento i due si sposarono a Roma, per poi rientrare a Cuneo, in seguito alla conclusione dell’esperienza politica di Tancredi a causa della fine del governo Zanardelli.
Per Alice, il trasferimento a Cuneo si rivelò destabilizzante. Abituata a circondarsi di intellettuali e a spaziare tra i temi più svariati, si vide privata di stimoli e di tutto quel fermento culturale tipico della Capitale. Tuttavia, l’arrivo dei due figli: Carlo Enrico nel 1904 e Tancredi Achille Giuseppe Olimpio Galimberti (Duccio) nel 1906 occuparono ben presto la sua mente. I bambini, infatti, si rivelarono molto vivaci e diedero gran filo da torcere ai genitori.
Nei primi anni, le preoccupazioni materne assorbirono gran parte della sua giornata, impedendole di dedicarsi con tranquillità ai propri interessi. Nonostante ciò e la salute cagionevole, Alice cercò di ritagliarsi dei momenti e degli spazi personali di studio. Collaborò dal 1906 al 1913 alla Gazzetta del Popolo di Torino con articoli di argomento letterario e storico, scrisse delle novelle e si occupò del giornale di famiglia anche dal punto di vista organizzativo.
Duccio Galimberti: da uomo di legge a “fuorilegge”
La formazione
Entrambi i figli studiarono a casa con un’educazione impartita da precettori privati, ad eccezione del latino, insegnato dal padre Tancredi. Dopodiché, frequentarono il liceo classico di Cuneo. Dei due figli, solo Duccio seguì le orme del padre, intraprendendo prima gli studi di Giurisprudenza all’Università di Torino e poi la carriera di avvocato. Nessuno dei due si sposò né ebbe eredi.
Duccio ricevette un’educazione liberare e democratica trasmessagli dai genitori, appassionati di Mazzini e di Garibaldi, come testimoniano i busti nella loro casa. Infatti, il padre partecipò al comitato di accoglienza di Garibaldi quando l’eroe dei due mondi si trovava a Cuneo per passare in rassegna i Cacciatoti delle Alpi. Una fede, quella di Tancredi, liberal-democratica offuscata negli ultimi anni dall’adesione al fascismo. Nonostante la scelta spiazzante del padre, Duccio si schierò fin da subito contro il Regime. Forte dell’influenza liberale dei genitori, scrisse insieme ad Antonio Repaci una bozza di Costituzione confederale europea e interna, che venne pubblicata dopo la sua morte nel 1946.
Le frequentazioni intellettuali
Nella casa studio ospitava una volta a settimana una sorta di salotto di intellettuali. Con le maggiori personalità del panorama cuneese e non solo, Duccio si interrogava sulle sorti della guerra e, in generale, dell’Italia. In questo frangente, l’avvocato cercò di mettere in relazione persone appartenenti a ideologie diverse ma distanti, se non proprio contrarie, al fascismo.
Da Cuneo a Torino, dove entrò in contatto col gruppo di antifascisti che si riuniva in casa di Ada Gobetti, fino agli ambienti antifascisti milanesi, Duccio riuscì a tessere attorno a sé una fitta rete di persone fino ad aderire nel 1942 al Partito d’Azione, coinvolgendo molti dei suoi contatti.
Grazie al lavoro ufficiale di ingegnere delle telecomunicazioni e all’attività clandestina di spia presso la Stipel di Milano, il fratello Carlo Enrico riuscì a intercettare dei dispacci. Secondo questi messaggi, dopo la caduta di Mussolini, la guerra non sarebbe finita, come ho già raccontato nell’articolo dedicato alla Resistenza nel Cuneese.
26 luglio 1943: il discorso di Duccio Galimberti
L’indomani della caduta di Mussolini, avvenuta il 25 luglio 1943, Duccio chiese a un suo amico di girare per Cuneo a cavallo di una bicicletta e con un altoparlante per annunciare che da lì a poco avrebbe tenuto un discorso pubblico a tutta la cittadinanza dal balcone della sua casa studio. Questa iniziativa radunò molta gente, anche grazie alla sua peculiarità.
Pur essendo una personalità molto conosciuta e membro del Partito d’Azione, Duccio era pur sempre un privato cittadino e non ricopriva cariche istituzionali, politiche né sindacali, a cui di solito spettavano le adunate e i comizi.
Al di là dell’unicità del gesto, il suo discorso, preparato ma poi pronunciato a braccio, di cui esistono diverse ricostruzioni, come quella che puoi ascoltare nel video qui sotto, segnò l’inizio della Resistenza e della sete di vendetta dei nazifascisti. Già da tempo, questi ultimi tenevano sotto controllo Duccio, la sua abitazione e chi la frequentava, sospettando attività clandestine. Dopo quell’intervento cadde qualunque dubbio e Duccio diventò il bersaglio preferito dei suoi nemici.
Duccio e l’esperienza a Paraloup sulle note dell’inno di Mameli
La presa di posizione antinazifascista di Duccio culminò dopo l’Armistizio dell’8 settembre con la costituzione della prima banda partigiana. Nel pomeriggio dell’11 settembre guidò la formazione Italia Libera, composta in totale da dodici civili, che diventò poi Giustizia e Libertà, alla volta di Valdieri, poi di Madonna del Colletto, di Paraloup e, infine, della Valle Grana.
Nella notte tra l’11 e il 12 settembre, la banda migliorava il suo armamento con dei “prelievi” dalla caserma della GAF di Valdieri, e il giorno 12 andava a impiantarsi a Madonna del Colletto, a cavallo fra la valle Gesso e la valle Stura”.
Così raccontava in: Guerra partigiana Livio Bianco, compagno di Duccio, con quale si trovò poi a Paraloup, la prima borgata montana partigiana, per organizzare la Resistenza. Qui, si svolse un aneddoto tanto sorprendente quanto emozionante sul conto di Duccio, raccontato da un altro partigiano, Aldo Sacchetti, prima di andarsene:
Dopo la riunione Duccio Galimberti si alza in piedi, si mette la mano sul petto e canta l’Inno di Mameli. Lo conoscevo così, vagamente, perché non si cantava e noi ci siamo tutti commossi.
Fu Duccio a proporre al CNL a Torino il canto risorgimentale come futuro inno dell’Italia libera, per poi condividere tale idea con Ferruccio Parri. Nel 1948, in veste di padre costituente, quest’ultimo si ricordò della proposta di Duccio, contribuendo a trasformarla in realtà.
Duccio Galimberti: partigiano dai monti alla pianura
Con l’atteggiamento intraprendente e pragmatico, tipico dei grandi leader, Duccio si impegnò su più fronti, anche grazie ai suoi fedeli collaboratori.
Tra di loro vi erano Dino Giacosa e il già citato Aldo Sacchetti che crearono il Servizio X, rete di staffette e informatori. Questa vide nell’ex fornace di calce di Vallera, in Valle Grana, grazie alla disponibilità del suo proprietario Francesco Donadio e dell’impegno attivo della moglie Marie Lerda Donadio (alias Aida) un crocevia di messaggi.
Qui centinaia di comunicazioni vennero raccolte e smistate, oltre a essere nascosti molti ex POW (prigionieri di guerra inglesi) e aviatori alleati paracadutatisi in territorio nemico. Tra l’altro, per la sua posizione non distante da Paraloup, ma al tempo stesso scartata rispetto a Cuneo, Vallera fu il luogo ideale per le riunioni clandestine, che Duccio stesso organizzava e a cui partecipava.
Il ferimento, la convalescenza e il ritorno al comando
Il 13 gennaio 1944 durante un attacco nazista Duccio fu ferito a San Matteo di Valgrana. Siccome non poteva essere ricoverato in ospedale, venne portato nelle Langhe, dove un medico accettò di estrargli il proiettile e gli permise di fare la convalescenza. Da quel momento, Duccio si rese conto di dover evitare di esporsi pubblicamente. Iniziò a svolgere un ruolo di regia in pianura, nel comando collegiale, per poi fare comunque delle incursioni montane, una volta ristabilitosi completamente. Così raccontava Nuto Revelli ne: La Guerra dei poveri.
20 marzo [1944]. Duccio è tornato alla lotta aperta dopo la ferita del gennaio: oggi era con noi a San Giacomo. È esuberante, entusiasta, gli si legge in viso la gioia di vivere, il desiderio prepotente di lottare. Ha parlato a lungo con gli anziani, con i suoi di San Matteo: poi ha voluto conoscere tutti, anche i giovanissimi appena giunti in banda.
Galimberti si stabilì poi a Torino, dove assunse l’incarico di Vice Comandante all’interno del Comitato Militare Regionale Piemontese. Oltre a dare direttive e a intrattenere rapporti con i partigiani italiani, Duccio strinse anche accordi di collaborazione con quelli francesi, i cosiddetti maquis, che gli valsero poi la Legione d’Onore. Il tutto prese forma nell’incontro a Barcelonnette il 22 maggio 1944.
La cattura e la morte di Duccio Galimberti
Il 28 novembre 1944 Duccio fu catturato in una panetteria di Torino in Via Vigone 19, considerata il luogo di smistamento della corrispondenza partigiana. Venne imprigionato nelle Carceri Nuove e nella notte del 2 dicembre trasportato a Cuneo. Prima del trasferimento, grazie alla complicità di un sacerdote, Duccio riuscì a trasmettere ai suoi compagni cuneesi alcuni messaggi. Chiedeva di scongiurare un suo ritorno a Cuneo, in modo tale da evitare di perdere la vita per mano dei fascisti locali.
A quel punto, i suoi amici tentarono, senza successo, uno scambio di prigionieri con due soldati tedeschi catturati in quei giorni. Dopodiché, optarono per il sabotaggio delle principali vie di comunicazione. Nonostante ciò, Duccio si ritrovò a Cuneo, incarcerato nell’UPI (Ufficio Politico Investigativo della Repubblica di Salò) nell’attuale sede della Confartigianato, dove venne interrogato e torturato.
Secondo gli ultimi studi, Duccio venne caricato su una furgonetta in direzione Torino, per poi essere scaricato all’altezza della frazione Tetto Croce di Cuneo, poco fuori Centallo. Qui fu raggiunto da alcuni colpi di rivoltella, quando era già deceduto. Questa tesi è stata confermata da una recente perizia balistica dei RIS di Parma, smentendo la versione ufficiale che vede Galimberti assassinato nelle campagne lungo la Statale 20.
Nessuno di quegli spari è compatibile con la morte di Duccio. Fin da subito i tentativi di depistaggio sulla sua morte furono numerosi, tra cui l’assalto da parte di una banda di briganti, di cui Duccio sarebbe stato l’unica vittima, e la messa in scena di una finta fucilazione di spalle. Nonostante a Tetto Croce ci sia tuttora una lapide commemorativa, Duccio fu sepolto insieme ai genitori e al fratello all’interno di una cappella del Santuario degli Angeli a Cuneo.
L’eredità della famiglia Galimberti
Alla morte di Carlo Enrico, ultimo ad andarsene dopo Alice, Tancredi e Duccio, venne reso noto il testamento. Secondo le sue volontà, lo studio e l’abitazione (incluso tutto il patrimonio storico-artistico) sarebbero stati donati al Comune a una condizione. Quest’ultimo avrebbe dovuto realizzare un museo, aperto al pubblico e visitabile per sempre gratuitamente.
Perciò, questa è l’eredità tangibile che Carlo Enrico ci ha tramandato. In questo modo, il ricordo della sua famiglia, nonché il martirio di Duccio, continua a vivere, resistendo all’oblio. Ma ciò che Duccio ci consegna si spinge ben oltre a questo regalo materiale. Sono inesauribili fonti di ispirazione la sua chiarezza di visione e la lungimiranza. Il tutto a partire da piccoli aneddoti che lo vedono protagonista, come l’ideazione di una Costituzione europea e il canto di Mameli come inno d’Italia.
Coerenza, coraggio e spirito di sacrificio, portato alle estreme conseguenze con la perdita della propria vita, sono le caratteristiche che si rivelarono extraordinarie, soprattutto se consideriamo il periodo storico. In un momento in cui l’Italia era nel caos più totale, Duccio riuscì prima di chiunque altro a interpretare nel modo corretto sia il presente che gli scenari futuri. La sua reazione immediata e ben consapevole del tragico destino verso il quale stava andando incontro è la messa in pratica di una delle frasi a cui più sono legata.
Il coraggio non è la mancanza di paura, piuttosto la consapevolezza che esista qualcosa più grande della paura stessa.
Ciò lo trasformò in una guida per tanti suoi contemporanei, nonché un esempio di patriottismo, libertà e riscatto per quei Cuneesi che non rimasero indifferenti di fronte alle barbarie di regime. Un punto di riferimento che ancora oggi, a ottant’anni dal suo discorso, è di grande attualità, per tutti coloro che lottano per i propri diritti e per la propria liberazione.
Conoscevi la storia di Duccio Galimberti? Hai già visitato il suo Museo Casa e/o gli altri luoghi a lui collegati? Per il primo puoi effettuare gratuitamente il tour in compagnia di una guida ogni sabato e domenica alle 15.30 e alle 17.00.
Inoltre, in occasione di Cuneo Illuminata 2023, è stata anche lanciato Cuneo Pop Up. Si tratta di itinerario da svolgere in autonomia, ideale anche per famiglie, scandito da una serie di tappe, tra cui anche il Museo Casa Galimberti. Per poterlo seguire, ti basterà scaricare l’app Bepart e inquadrare la vetrofania vicino al luogo di interesse che, nel caso del Museo Casa Galimberti, vedrà animarsi Duccio e sua madre Alice.
Bibliografia
Le informazioni contenute in questo blog post sono tratte dai libri: La Guerra dei poveri di Nuto Revelli e Guerra partigiana di Dante Livio Bianco. Inoltre, sono frutto della visita presso il Museo Casa Galimberti a Cuneo e la Borgata Paraloup.
La testimonianza relativa a Duccio Galimberti e all’Inno di Mameli è tratta da un servizio del TG Regionale del Piemonte con Sergio Costagli, scrittore e ricercatore storico, Aldo Sacchetti (intervista del 16/03/2017) e Mauro Fissore, sindaco di Morozzo.
Per approfondimenti: Il servizio X nella resistenza. Le persone che vi si dedicarono. Guerra nell’ombra 1944-1945 di Sergio Costagli e Aldo Sacchetti.